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LE CELEBRAZIONI DEL 12 SETTEMBRE
IL DISCORSO DEL SINDACO CASCELLA
“Antonio Falconetti, Pasquale Del Re, Luigi Gallo, Vincenzo Paolillo, Gioacchino Torre, Luigi Iurilli, Nicola Cassatella, Pasquale Guaglione, Michele Spera, Francesco Garzia, Sabino Monteverde, Michele Forte. Sono nomi che appartengono alla nostra storia, nomi di cittadini, di dipendenti comunali che hanno sacrificato la propria vita. A questi nomi bisogna aggiungerne altri. I nomi delle due donne - Lucia Corposanto, Addolorata Sardella - che aiutarono il ferito Francesco Falconetti. I nomi dei militari - dal tenente Ventavoli al colonnello Grasso - che, un giorno di 71 anni fa, a Barletta, come altri a Trani, a Murgetta Rossi, a Bari, impugnarono le armi contro l’epilogo della loro stessa vicenda, prefigurando un futuro diverso dal tempo vissuto.
Nel presente, a volte, ci si chiede se e che senso abbia rileggere ancora oggi quei nomi, ricordare le date di nascita, ritrovarci nei luoghi degli eventi. Credo si debba rispondere con un sì chiaro e forte.
E' nostro dovere di rappresentanti delle istituzioni, a ogni livello, tenere vivo il ricordo e alta la memoria di uomini e donne semplici che si sono fatti carico in questa terra, del passaggio cruciale di due guerre che sconvolsero il mondo.
La memoria di chi ha vissuto direttamente quei tragici eventi, inevitabilmente, con il tempo si assottiglia.
Il nostro compito, allora, e' di trarne il messaggio per trasmetterlo alle giovani generazioni.
Ecco perché siamo qui, in questa piazza, davanti al monumento spoglio del bronzo dedicato ai caduti della prima guerra mondiale.
Quel metallo con le figure rappresentative del sacrificio e del dolore, fu asportato dal regime fascista per essere fuso e reimpiegato in armamenti per un'altra guerra, ancora più devastante e crudele.
Si stenta persino a ricomporre l’immagine intera del bronzo perduto. Quel che vediamo è una ferita aperta, a pochi passi dai muri macchiati dal sangue della barbara rappresaglia consumata il 12 settembre di 71 anni fa dai tedeschi diventati nemici, occupanti, costretti alla ritirata dal fuoco di soldati capaci di interpretare la lealtà alla nazione e di forze con cui l'Italia aveva firmato l'armistizio.
E' la storia del popolo italiano ad essere stata ferita, qui a Barletta, una prima e una seconda volta. Ma la storia, la vera storia, non è amorfa, non è spirito di fazione: è patrimonio dell’intera comunità.
C'è un divenire della storia che oggi interroga le nostre coscienze.
Per questo abbiamo chiesto al senatore Franco Marini di aiutarci a ricucire lo strappo consumato nella vita civile e democratica della città.
Come? "Conoscere la storia perché mai più debba ripetersi", ci ha detto il presidente del Comitato per la ricorrenza della Grande guerra accogliendo l'invito a essere oggi con noi.
La storia fa parte del patrimonio di tutti, e ognuno di noi deve poterla conoscere senza nulla rimuovere delle atrocità connaturate alla guerra. Non per dividere torti e ragioni, ma perché solo la verità consente di riconoscere chi nella storia e' stato dalla parte giusta: contro l’autoritarismo, per la libertà. La verità inoppugnabile della nostra storia e' che nella "notte della Patria" di quell'8 settembre, con la fuga, il disfacimento, lo sbando della compagine istituzionale, qui a Barletta resse un caposaldo che il 12 settembre animò il "primo giorno della riscossa" della nazione, come il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha voluto definirlo.
E' questa storia di riscatto che consente alle nuove generazioni - i futuri cittadini - di crescere e formarsi con la piena consapevolezza tanto delle atrocità della guerra e delle sofferenze che infligge, quanto del valore della resistenza e della ricostruzione e del costo umano e sociale dei principi di libertà e di giustizia che la Costituzione ha posto a fondamento della Repubblica.
Rinnovare la memoria serva, dunque, come lezione. Abbiamo costruito l'Unione Europea per reazione alla violenza e alla guerra, ed abbiamo creato unioni finanziarie ed economiche; ma non abbiamo ancora saputo costruire una unione politica che permetta al nostro continente di trasmettere interamente valori degni della storia riscattata della nostra cultura, del patrimonio civile.
Guardiamo, allora, alla Siria, all'Iraq, alla Palestina, all'Ucraina, ai nuovi focolai di guerra, a quel Libano dove il senatore Latorre ha appena raccolto racconti orribili di eccidi, torture e violenze in nome di ideologie distorte che affidano alla paura, alla morte e alla disperazione ignobili messaggi di sottomissione dell’uomo sull’uomo.
Abbiamo, dunque, altri nomi di cui onorare il sacrificio estremo. Sono nomi di soldati, di giornalisti, di cooperanti che partono dalle nostre città in missioni di pace; nomi di donne, di bambini, di anziani, di innocenti che da terre sconvolte dalla violenza sfidano la morte inseguendo un approdo di pace. Sono nomi di uomini e di luoghi ostici a pronunciarsi, come deve essere accaduto al giovane Giuseppe Carli perito sul fronte del Carso nel compimento di quello che sentiva naturalmente essere il suo dovere verso la nazione in cerca di indipendenza e unità.
Oggi qui onoriamo tutti questi nomi, lontani e vicini, assumendoci la responsabilità di difendere, in loro nome, la civiltà di cui oggi possiamo godere nella libertà e nella democrazia.”

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