PARTECIPAZIONE DEGLI ENTI LOCALI ALLA LEGGE DI STABILITÀ: Giovedì 6 novembre 2014 – Cosa avrebbero detto i sindaci di Firenze e di Reggio Emilia di un tempo non molto lontano se, avendo accolto con fiducia la sollecitazione di fornire indicazioni utili ad accelerare progetti da finanziare per sbloccare l'economia del paese, non avessero avuto alcun riscontro, anzi si fossero trovati a dover far fronte a nuovi tagli finanziari e persino a un dirottamento di risorse attese? Mi permetto di chiederlo al premier Renzi e al sottosegretario Delrio dall'assemblea annuale dell'Associazione nazionale dei Comuni italiani, dove si riprende il filo del confronto sulla partecipazione degli enti locali alla legge di stabilità. Non c'è Comune, credo, che non abbia dovuto ridimensionare i propri bilanci, con conseguenze pesanti nell'organizzazione delle strutture amministrative, nei servizi dovuti ai cittadini e negli investimenti necessari per valorizzare il patrimonio pubblico. Tanto più nel Mezzogiorno, che paga il prezzo più alto alla crisi che da diversi anni sta colpendo il paese, è arduo comprendere perché si svincolino e si dirottino i tre miliardi di fondi destinati al Piano di azione e di coesione che potrebbero consentire al Sud di tirare un po' il fiato. Si dice che se non sono stati utilizzati finora non lo si riuscirà più fare nei tempi della programmazione europea in scadenza. Sarà anche vero, ma prima di "riprogrammare" chissà cosa a quando, si dovrebbe almeno verificare cosa abbia fermato progetti e fondi e se ce ne siano che possano essere sbloccati oggi, senza ulteriori deleghe. Che era esattamente la domanda del presidente del Consiglio a cui tanti sindaci, soprattutto del Sud, hanno corrisposto con scelte e posizioni tempestive. Chi l'ha fatto con fiducia nella capacità del governo di "azione e coesione", meriterà a sua volta fiducia e sostegno?
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