Comune di Barletta - La Città della Disfida
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COMUNICATO STAMPA

INTERVENTO DEL SINDACO CASCELLA
DURANTE IL CONSIGLIO COMUNALE DEL 13 APRILE '15

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Proprio alla vigilia di questa occasione di confronto mi è capitato tra le mani - dovendo partecipare alla presentazione - il libro a cui Vittorio Palumbieri stava dedicandosi prima della scomparsa sul suo impegno - ad un tempo professionale e civile - al servizio della città. Nelle prime pagine richiama una sua giovanile esperienza da consigliere comunale. Era il 1964, e la Dc, il suo partito, si era spaccato - racconta -sulla designazione del sindaco, creando una tensione tale da causare la morte di uno dei suoi padri fondatori. Ma non è solo questo "spettacolo penoso" a rendere  "sgradevole" il ricordo, quanto lo spettacolo che si andò ad allestire per l'approvazione del Piano Regolatore Generale: "Dopo 14 anni dall'affidamento dell'incarico ai progettisti Di Gioia e Mendolesi, lo strumento urbanistico approvato non portava però la firma degli originari tecnici, ma di un omonimo ingegnere Di Gioia, il quale si prestò ad un vero mercato delle vacche - è l'espressione testuale - in cui ogni interessato faceva valere non le sue ragioni ma i suoi interessi".
Nessuno potrà mai dire la stessa cosa di questa Amministrazione.
Troppe storie, come quella riaffiorata dai ricordi di Palumbieri, si sono susseguite nel tempo in questa città. E serve conoscerle per capire come e perché affrontare le questioni urbanistiche, come è accaduto negli ultimi Consigli comunali, sia toccare un nervo scoperto. È servito comunque a me conoscere quella storia, per capire che il sindaco di 50 anni dopo non aveva alternativa alle dimissioni per restituire spazio alle "ragioni" di chi ne abbia e voglia farle valere,e toglierlo a qualsivoglia "interesse" che non sia quello generale che legittimamente la città oggi deve riuscire a veder finalmente prevalere. In ogni campo.
Partiamo dall'urbanistica, visto che su questo terreno una Amministrazione, che pure ha conosciuto sin dall’inizio – non abbiamo esitazione a riconoscerlo – acute tensioni con la propria maggioranza, per la prima volta è stata battuta da un voto trasversale, con un inaspettato e inedito miscuglio di posizioni tra le opposizioni e alcune frange particolari della coalizione al governo della città.
Su cosa? Su una proposta di delibera che avrebbe consegnato alla città qualcosa che per dieci anni non aveva avuto, ovvero gli “adempimenti” previsti da un Piano Urbanistico Territoriale Tematico per il Paesaggio (PUTT/P) obiettivamente in scadenza. Proprio per questo ci eravamo premurati di agganciare il lavoro di recupero di quegli adempimenti alla nuova strategia regionale per la pianificazione del territorio, con puntuali riferimenti alla qualità del paesaggio e alla identità storica, culturale, sociale e ambientale delle risorse territoriali.
Meglio tardi che mai, pensavamo di fronte a quel nostro Piano regolatore generale  alterato da innumerevoli varianti. Tanto più che, quando abbiamo messo a disposizione gli elaborati faticosamente ricomposti, nessuno poteva avere la certezza che il Piano paesaggistico territoriale della Regione sarebbe arrivato al traguardo con il compimento della legislatura regionale. Ci muovevamo, insomma, con l'assillo di non perseverare in inadempienze che avrebbero potuto compromettere i tempi del nostro Piano urbanistico generale, da definire – così come previsto dalle linee di mandato – con una visione rigeneratrice e riqualificante dell'intero territorio cittadino. A maggior ragione, quando l'assessore regionale Barbanente ce l'ha fatta a battere il suo record, a nostra volta ci siamo preoccupati di metterci al passo quantomeno con una corretta disciplina degli interventi urbanistici. 
Di qui la richiesta di provvedere agli adempimenti, mancati - ripeto - per oltre dieci anni, che però il Consiglio comunale con quel voto trasversale ha -legittimamente - ritenuto di non accogliere. Potevamo far finta di niente, per convenienza. Ne abbiamo invece preso atto, con il rispetto dovuto a un procedimento democratico, cercando di separare il grano dal loglio: il voto ideologico da quello strumentale, il voto di coscienza da quello gattopardesco. Soprattutto, non ci siamo arresi all'inerzia burocratica; non abbiamo voluto rinunciare alla responsabilità politica di colmare l'ennesimo vulnus alla nostra strumentazione urbanistica.
Anzi, abbiamo prontamente raccolto e rilanciato la sfida dichiarata con quel voto: si voleva davvero assumere l'ineludibile riferimento del nuovo Piano Paesaggistico Territoriale Regionale? Ebbene, abbiamo chiesto all'assessore Barbanente se fosse possibile utilizzare l'elaborazione compiuta, e non più utilizzabile per il PUTT/P (giacché questo aveva intanto cessato di avere effetti), in modo da accelerare le procedure fissate dalle norme transitorie per l'adeguamento alla nuova pianificazione paesaggistica. Ci è stato risposto di si. Anzi, per l' "ampiezza delle problematiche coinvolte" – così si esprime il protocollo condiviso – Barletta è stata individuata come "primo caso applicativo" dell'adeguamento dei Piani urbanistici cittadini al Piano paesaggistico della Regione.
Non era questo che si voleva? Ebbene, abbiamo intrapreso questa subito, con rigore e determinazione. E ci è parso naturale rivendicare questa coerenza, come abbiamo fatto con la mozione in cui chiedevamo al Consiglio comunale semplicemente che lo strappo consumatosi nella maggioranza fosse ricucito da una manifestazione di "fiducia nella volontà dell'Amministrazione di non inseguire più aggiustamenti al deterioramento del territorio ma di 'anticipare', d'intesa con la Regione e il Ministero per i beni e le attività culturali, una rigorosa strumentazione per la rigenerazione e la riqualificazione urbanistica". Purtroppo il combinato disposto del venir meno del numero legale, che sembra regolare a rovescio la vita istituzionale del Consiglio, non ha consentito di verificare se le "ragioni" avessero trovato comunque riscontro o se altri "interessi" continuassero a covare.
Ma su questo passaggio non potevamo e non possiamo lasciare ombra di dubbio. Non era e non è in discussione la fiducia personale, ma la fiducia politica su una scelta qualificante per l'Amministrazione. Poi si parlerà, se si vuole, di verifiche e rimpasti. Intanto, si deve ripristinare l'agibilità democratica. Che non può che esprimersi con un coerente atto politico di fiducia, sempre in questa sede.
Qualcuno ha sostenuto che le dimissioni sarebbero state usate come una "sfida", altri come una “farsa”, solo perché presentate al Consiglio comunale, ovvero là dove si esercita la volontà popolare e tutti gli eletti sono chiamati ad assumersi le proprie responsabilità di fronte agli elettori. Nella città della "disfida" non dovrebbe esservi dubbio su quale dei due rilievi accogliere, salvo notare che  chi parla di “commedia” dovrebbe almeno verificare quale parte va ad interpretare in proprio.
Semmai, si può rivendicare che la “sfida” debba misurarsi sulla responsabilità di adempiere al mandato chiesto e ottenuto dai cittadini. Dalla maggioranza, certo. Ma anche, per la propria parte, dall'opposizione. In questo senso credo debba essere la sfida della rigenerazione della politica ad accreditarsi con il concreto esercizio della democrazia dell'alternanza, nel momento forse più dirompente della crisi della politica a ogni livello, e in ciascun schieramento come le stesse cronache locali oggi evidenziano.
Non c'è, insomma, una maggioranza buona, se pure trasversale, quando boccia una proposta del sindaco, e una maggioranza cattiva se i costi politici e sociali del cambiamento necessario. Su questo l'opposizione può, certo, approfittare delle tensioni e strumentalizzare le difficoltà di chi gestisce la cosa pubblica, ma rischia di delegittimare anche se stessa quando accampa pretesti formali – come è accaduto ancora alla vigilia di questo Consiglio comunale – solo per impedire il confronto su un corretto adempimento politico-istituzionale qual è quello del bilancio.
Eppure dovremmo tutti sapere che la legge istitutiva dell'elezione diretta dei sindaci affida proprio al bilancio la verifica del rapporto di fiducia con il Consiglio. E questo banco di prova era stato indicato, e oserei dire cercato, ben prima (siamo forse uno delle poche Amministrazioni d'Italia ad aver approvato le scelte fondamentali del bilancio di previsione prima dell'inizio dell'anno) che si scatenasse l'ennesima fibrillazione politica, proprio perché eravamo, e restiamo, consapevoli che la città ha bisogno di chiare assunzioni di responsabilità.
Pensavamo avessimo tutti interesse a questo momento della verità di fronte al paradosso della - come altrimenti definirla? - fiducia sospesa. Quel 25 marzo, si ricorderà, era già programmata una conferenza dei capigruppo proprio per fissare la data del Consiglio comunale sul bilancio. Inopinatamente quella conferenza saltò: poco importa se per ostruzionismo o per confusione. Fatto è che, venendo meno la naturale occasione di confronto istituzionale, le dimissioni diventavano l'unico modo per rivitalizzare la dialettica democratica e consentire alla città di misurare non solo o non tanto il vincolo di lealtà tra il sindaco e la sua maggioranza ma la sostanziale legittimità dello stesso  Consiglio a far fronte al dovere di una rappresentanza piena e consapevole, visto che con la caduta del sindaco decade la stessa assemblea consiliare
Dunque, il nuovo banco di prova è costituito dal bilancio. È fatto di numeri, che il dirigente del Settore Programmazione economica e finanziaria avrà modo di illustrarci nei dettagli. Ma è composto essenzialmente da scelte politiche dirimenti sul piano dell'equità e del rigore.
Il binomio è inscindibile.  Senza risanare i conti pubblici non avremmo potuto onorare i debiti fuori bilancio che continuano inesorabilmente a esserci notificati dalla magistratura amministrativa, ma nemmeno liberare investimenti essenziali per la rigenerazione del territorio come quelli che hanno consentito di abbattere gli ultimi tralicci dell'elettrodotto nella 167. E che ora ci stanno consentendo di far avanzare i cantieri per i sottovia e i sottopassi per poi abbassare definitivamente i passaggi a livello delle Ferrovie e superare la storica divisione della città. 
Senza farci carico del contenimento di fatto della spesa corrente per 3,5 milioni di euro avremmo potuto far fronte ai continui tagli dei trasferimenti pubblici solo ridimensionando a nostra volta servizi essenziali ai cittadini, con il rischio di mettere a repentaglio la coesione sociale ancor più di quanto non sia già insidiata da una crisi ormai decennale.
Senza puntare sulla perequazione e la progressività non saremmo riusciti a contenere e ridurre la tassazione locale - Imu, Tasi, Tari - per i soggetti più bisognosi, per le famiglie numerose, per gli imprenditori che debbono investire nel rilancio delle attività produttive e tornare a creare occupazione.
Certo, avremmo anche potuto optare per altri sistemi impositivi, forse anche più comodi, come pure è stato proposto, livellando le addizionali sulle aliquote fiscali sui livelli più alti per contenere la tassazione sul patrimonio immobiliare. Ma, a parte che non pare proprio da certe cronache che l'erba del vicino - dove quel modello è stato adottato - sia più verde, nessun altro terreno rivela, come questo, il carattere di giustizia sociale che alimenta la ragione d'essere per una coalizione di centrosinistra.
L'approvazione del bilancio di previsione in tempi adeguati, peraltro, consente una efficace programmazione degli interventi e il più oculato uso delle risorse pubbliche. 
Come con una ancora più efficace lotta alla evasione e alla elusione degli oneri dovuti al Comune, specie se per le urbanizzazioni.
Come con lo scrupoloso rispetto delle scadenze indicate per gli atti che comportano l'acquisizione o, altrimenti, la perdita di finanziamenti pubblici per opere pubbliche essenziali, da lungo tempo attese: si tratti dell’intersettore, del centro di raccolta, della ripresa dell'edilizia sociale, dell'intervento per fermare l'erosione della costa, della ristrutturazione dello stadio, della valorizzazione di piazza Marina o delle nuove sedi per la Capitaneria di porto e il Comando dei vigili del fuoco in strutture pubbliche altrimenti a rischio di abbandono e degrado.
Come con la costante attenzione al recupero dei vergognosi – si, consentite anche a me di esprimere indignazione - ritardi accumulati, intervenendo per sollecitare la acquisizione dei pareri e la definizione della progettualità e così arrivare finalmente alla aggiudicazione dell'appalto per le opere di urbanizzazione nella 167.
Come con l'efficace realizzazione degli impegni assunti con il Piano sociale di zona, con la puntuale contribuzione per il fitto caso,con l'assistenza a chi è in condizioni di bisogno, con le politiche di prima accoglienza nelle situazioni di emergenza, sempre cercando di aprire, nel rispetto della legalità, nuove strade alla solidarietà e alla coesione sociale.
Come con l'acquisizione dell'intero capitale della Barsa che mette al riparo il maggiore investimento del Comune non solo garantendo l'efficienza, la economicità e la qualità di servizi pubblici essenziali, a partire da quelli dell'igiene urbana che stanno registrando una raccolta differenziata "porta a porta" che già pone Barletta tra i Comuni più virtuosi d'Italia, ma anche aprendo la società - con la revisione dello Statuto e la puntuale rivisitazione dei capitolati e delle convenzioni - al mercato pubblico del territorio circostante. 
Come per il contrasto alle tante e diverse aggressioni all'ambiente subite da una città cresciuta tumultuosamente e disordinatamente fino a inglobare nell'area urbana antiche attività produttive di cui bisognerà pur cominciare a studiare la ricollocazione in una appropriata area industriale, sulla scia di quell'azione di risanamento che ha già portato a smantellare i depositi petroliferi a ridosso del centro storico liberando un'area preziosa per la valorizzazione della costa cittadina.
Come per il piano del commercio che ora può contribuire sia alla ripresa economica sia alla rigenerazione urbana, anche per l’esempio di regolamentazione e di trasparenza dei procedimenti con cui promuovere effettivi processi partecipatevi ad attività amministrative sempre più complesse.
Come con la definizione dell'elenco delle imprese di fiducia per gli affidamenti diretti nei diversi settori di intervento per la manutenzione della città, fino all' apertura delle procedure, ora, dell'incubatore e, a breve, dell'Orto botanico ad attività con cui sostenere l'impegno convergente delle forze sociali - imprenditoriali, sindacali e associative - per la ripresa e la crescita economica.
Come con la riscoperta della "Disfida di Barletta", la messa a punto della "mappa dell'identità culturale" per la programmazione delle iniziative dell'estate, la riscoperta del valore di tutti i luoghi del patrimonio storico e artistico della città - dalla Pinacoteca De Nittis al Museo Civico, dal Castello al teatro Curci, dal borgo di Montaltino a Canne della Battaglia - per integrare la visione dello sviluppo economico con la preziosa risorsa del turismo.
Come con la riconversione delle strutture dell'ex tribunale distaccato a polo della sicurezza, comprendente l'ufficio del giudice di pace e il comando dei vigili urbani. 
Come con la mappatura degli interventi di manutenzione necessari nelle scuole che sta consentendo di recuperare anche i finanziamenti più  minuti.
Come con le politiche per favorire l'utilizzo del trasporto pubblico, anche rivedendone l'organizzazione, in particolare per gli orari di maggiore utilizzo (soprattutto da parte degli studenti e gli anziani)e - anche qui - i collegamenti con la 167.
Come con l'affermazione delle buone pratiche che, con l'attribuzione della cittadinanza civica a chi nasce, studia e vive a Barletta, ha portato il nostro Comune ad anticipare una politica della integrazione come efficace antidoto alla sopraffazione e alla negazione del più naturale diritto dell'uomo.
Come con l'affidamento ai dirigenti di attribuzioni diverse - anche a causa del contenimento del numero e delle rigidità delle procedure di selezione - per attività trasversali da accompagnare con una rotazione delle posizioni di responsabilità per le professionalità in grado di contribuire al rilancio della macchina amministrativa.
Così, cogliendo fior da fiore e limitandoci a una elencazione dei soli titoli (forse imperfetta, ma un rendiconto puntuale potrà essere offerto da ciascun assessore), non vogliamo tracciare un asettico bilancio del poco o tanto che in meno di due anni è stato fatto.
Anzi, vorremmo cogliere l’occasione per riconoscere che molti di questi progetti erano in nuce e ci è toccato liberarli dai lacci e lacciuoli per farli avanzare. Così come vorrei esprimere gratitudine a chiunque, da qualsiasi postazione, abbia offerto e e voglia offrire ogni utile contributo ai risultati attesi.
Con altrettanta onestà vorrei riconoscere gli errori, i limiti, le contraddizioni, le inadeguatezze, le inadempienze: del resto, ci vengono rimproverate a ogni piè sospinto, e cerchiamo con umiltà di raccoglierne il senso costruttivo, accantonando gli aspetti più strumentali.
Il compito odierno non è nel giudizio - questo è un compito che spetta agli elettori, quando le condizioni democratiche lo determinino -  ma, semmai, di esprimere la consapevolezza di tutto quel che c'è ancora da fare per rimontare la china, e della volontà politica di non cedere davanti alle difficoltà che persistono. Non rassegnarsi all'indifferenza, o, peggio, alla rassegnazione, ma fermare la rincorsa ai contenziosi facendo prevalere lo spirito di comunità di fronte alla gravità dei problemi. Non cristallizzare le divisioni ma accrescere la credibilità della politica. Non chiudersi in schieramenti ridotti e cartelli datati ma assolvere ciascuno alla propria parte di responsabilità dell'etica pubblica. Non guardare indietro, insomma, ma avere una visione del futuro da affidare alle nuove generazioni. 
Mi è capitato in una recente occasione di riflettere pubblicamente su uno dei sapienti messaggi con cui don Tonino Bello richiamava la politica al senso più profondo dell’esercizio del servizio, non del potere, tanto più che dovremmo aver ormai imparato quanto sia effimero il potere: "La strada è lunga - ci ha avvertito - ma non esiste che un solo mezzo per sapere dove può condurre: proseguire il cammino". 
Non ci ha detto, però, nemmeno come proseguire il cammino. Forse perché tocca al libero arbitrio di ciascuno, al dovere etico di misurarsi con lo sforzo che a tutti compete di rimuovere gli ostacoli.
Quel che è certo non può essere un cammino solitario: del resto non lo consentono le regole proprie della democrazia. Né servirebbe, perché lascerebbe impraticabile la strada. Per tutti.