La Storia

Biblioteche barlettane: un po' di storia

   Una biblioteca di 66.000 volumi non si forma in pochi anni! Ricostruiamone la storia.
   In Barletta esistevano anticamente varie biblioteche appartenenti a chiese e monasteri. La più antica fu forse quella riservata agli studenti del Collegio di logica e filosofia che avevano i padri Domenicani già nella loro prima sede extra moenia, fuori Porta Croce.
   Un'altra era quella dei frati Minori Osservanti, con sede nella distrutta chiesa di S. Andrea, nel borgo S. Antonio Abate.
   Entrambe furono però distrutte nel 1528; di quella dei frati Minori non si sono trovate più tracce, mentre i Domenicani riuscirono a salvare alcuni preziosi volumi che vanno dal 1482 al 1522. Nel 1531 essi trasferirono la loro sede nella chiesa di S. Maria Maddalena (S. Domenico) dove dotarono il convento di una nuova biblioteca chiamata Biblioteca Collegis Barulensis S. Mariae Magdalenae, dicitura che si trova incisa su alcuni volumi giunti sino a noi.
   "E qui non si può omettere di ricordare che nel 1500 il movimento librario era così intenso che in Barletta non vi era famiglia di studioso che non avesse una libreria di pregio.
   Così dalle schede dei notai di Barletta ho ricavato che Ascanio Quarto, avvocato in utroque possedeva una biblioteca di almeno 500 volumi in prevalenza di giurisprudenza con quattro volumi di composizioni, consigli, alligazioni da lui stesso manoscritti (not. Orazio de Leo, 1586).
   Il signor Giovan Francesco Abbate artis et medicine doctor aveva un'importante biblioteca medica di circa altrettanti volumi di autori greci e latini (not. Orazio de Leo,
1589).
   Bernardino Gentile in un inventario di libri del 1594 (stesso notaio) dice di possedere li sermones di Mons. Bonello barlettano, Arcivescovo di Ragusa.
 
  E poi in Barletta stessa si vendono libri per il pubblico dal bibliopola Tommaso de la Rovere di Venezia, il quale dà incarico a Giovan Battista de Vasellis consocio anche di Venezia di vendere i libri che possedevano nella propria biblioteca, esistente in Terra Baruli per poter pagare le spese della causa che verte nella R. Curia barlettana tra lui e Cesare Terracina e un altro (not. Pietro de Geraldinis, 1563).
   Anche l'incunabolo del 1497 di fra Gabriele da Barletta e poi i cinquecentini e in fine una tipografia De Valerys, esistente in Barletta dal 1647: I santi illustrati di Domenico Dentice ex typis de Valerys, Baroli, 1647 sono un'altra testimonianza della esistenza di biblioteche antiche in Barletta."
   Ma la prima biblioteca pubblica, che mise i suoi volumi a disposizione non solo dei religiosi ma anche dei laici, fu a Barletta quella dei Gesuiti, insediatisi verso la fine del XVI secolo nell'attuale chiesa del Monte di Pietà.
   Essi istituirono un collegio e scuole secondarie dette di umanità, più cattedre universitarie di filosofia, teologia e matematica. Affiancarono queste con una ricca biblioteca che aveva sede in due vaste sale a pianterreno e pare si sostenesse con i proventi del dazio sulla macellazione delle carni ceduti dall'Università per incentivare lo sviluppo degli studi in Barletta. In tutti i volumi appartenenti a questa biblioteca si trova manoscritto sul frontespizio: Coll.i Barulet.ni Soc. Jesu Catal. Inscripsit.
   L'espulsione dei Gesuiti dal Regno nel 1767 e la successiva soppressione dell'Ordine nel 1773 determinò purtroppo la chiusura di questo utile centro di cultura. I libri di questa biblioteca confluirono allora in quella già menzionata dei Domenicani, i quali peraltro continuarono a permettere la lettura anche ai laici, grazie soprattutto alla volontà del padre domenicano Domenico Maria D'Elefante di Barletta che in tal periodo donò alla biblioteca un altro copioso numero di volumi sul cui frontespizio si legge: F. Josephi M.ae de Elephante S. Th. M.ri Or. Pred.
   Intanto, parallelamente ai primi decreti napoleonici di soppressione degli ordini religiosi, ci fu da parte del Comune la requisizione dei libri delle biblioteche conventuali, che si pensava di utilizzare per l'apertura di una biblioteca pubblica.
   Questa sorte toccò nel 1808 alla biblioteca dei Cappuccini e nel 1809 a quella dei Domenicani. In verità però i libri rimasero ammucchiati in un locale del Monte di Pietà sino al 15-10-1831, quando i Cappuccini li recuperarono e li collocarono in una sala quadrata fatta costruire nel 1760 da padre Serafino Ventrella, al piano superiore del loro convento. Qui rimasero sino al 31-12-1866 quando, in esecuzione del decreto di soppressione del 7-2-1861, i frati lasciarono il convento e la relativa biblioteca, che così diventò il fondo conventuale della biblioteca comunale.
   Ecco come ricostruisce tali vicende il Paolillo: "Il fabbricato (Cappuccini) dov'essi dimorarono e la biblioteca furono dati al Municipio, i cui amministratori del tempo, o forse perché non erano all'altezza di valutare il prezioso dono ricevuto, o perché invasati dalle nuove idee le quali avevano in disprezzo tutto ciò ch'era vecchio e decrepito, credendo che quella merce desse tanfo di chiericume, decisero di farla ritornare all'ombra del chiostro donde era venuta. Così e non diversamente va spiegato il loro operato, giacché quei nostri padri coscritti, limitandosi a fornire di scaffali quella suppellettile la dettero in consegna ai Padri Cappuccini, il solo ordine allora tollerato; e così sino all'altra soppressione del 1866 la biblioteca si vide confinata in una remota sala del loro convento."
   Il Comune collocò quindi la biblioteca in un'ampia sala a piano terra del palazzo di S. Domenico (bibliotecario: Luigi Cardone). Una deliberazione del Consiglio Comunale del 1869 stabilì di incrementarla con l'acquisto di opere riguardanti la nostra città e di opere scritte da barlettani.
   Da S. Domenico essa passò poi per qualche tempo in una grande sala del palazzo Cafiero in corso Vittorio Emanuele e di qui, nel 1896, al piano superiore del teatro Curci.
   In tale periodo, scriveva in proposito Michele Mauro: "Esiste in Barletta una Biblioteca Comunale con più di 8.000 volumi, aperta tutt'i giorni al pubblico, con custode stipendiato. Manca un vero bibliotecario, e sarebbe tempo di provvederci, curando pure di continuarla ad arricchire di opere moderne".
   É quanto avvenne di lì a poco. Dopo essere stata affidata per qualche tempo all'impiegato comunale Luigi Cardone e a tale Iodice, iniziò a prosperare sotto la direzione di Benedetto Paolillo (1844-1929), bibliotecario dal 1896 al 1924, cui non sarà mai troppo riconosciuto il lavoro svolto.
   Sotto la sua direzione, con delibera di Consiglio Comunale del 1-5-1903 la biblioteca fu intitolata allo storico cittadino Sabino Loffredo (1828-1905). Nel 1905 fu approvato il primo regolamento, poi rifatto nel 1933 e nel 1942.
   Intanto nel 1929 avveniva il trasferimento del Museo, che Benedetto Paolillo aveva cominciato ad organizzare nella stessa sede della Biblioteca ed ora, avendo raggiunto una notevole consistenza, riceveva una destinazione autonoma nell'ex convento di S. Domenico.
   Ma terminata l'epoca d'oro della direzione Paolillo, pur in presenza di una solerte commissione di vigilanza, era venuto a mancare un bibliotecario stabile e fornito dei necessari requisiti. In tale carica si successero nel tempo don Emilio Locchi (1928-1930) e Cosimo Balzano (1930-1937), sino a Raffaele Bassi, direttore dall'1-12-1937 al 30-4-1980; gli è succeduto lo scrivente. Tra tanti che, a titolo diverso, hanno poi lavorato in biblioteca è giusto ricordare Ruggiero Carbone, burbero ma attento aiuto bibliotecario che prestò la sua opera dal 1935 al 1968.
   Don Emilio Locchi, originario della provincia di Milano, trasferito a Barletta per una sorta di esilio curiale, dovette essere figura caratteristica degli Anni Trenta, con la sua alta e corpulenta figura e il suo amore per la tavola, cui veniva volentieri invitato per la sua capacità di trasmettere buon umore. Di lui però si diceva che facesse commercio dei libri della biblioteca e che, per difendersi dal freddo, facesse scivolare di tanto in tanto qualche libro nella stufa! Alcuni anziani lo ricordano anche come custode alla Misericordia e al Cimitero. Di lui si diceva:

"Don Emilij du campsend
s'è rott'a cap è v'assut u seng;
c' non jer k Paparedd
assav u seng a psciaredd".

   Le vicende degli uomini accompagnavano intanto quelle del servizio.
   Sono ormai un ricordo di pochi il grande tavolo ovale con panno bleu posto nella sala di lettura, gli schedari e gli scaffali di legno addossati alle pareti. Nel 1944-1945 la sede fu occupata dagli inglesi e la biblioteca confinata nella sala d'ingresso; il resto fu adibito a Reading and writing room per i militari che svolgevano corrispondenza, incontri, letture.
   La ricostruzione delle attrezzature e dell'arredo, occupò gli anni 1949 al 1954 e il 22-4-1955 ci fu la riapertura con una cerimonia ufficiale.
   Dai 12.000 volumi registrati nel 1910 si era passati in tale anno a 18.300.
   Per la carenza di spazio e per far posto a nuovi servizi, negli Anni Ottanta si è stati costretti a trasferire i vecchi e gloriosi volumi del fondo conventuale in un locale a piano terra del palazzo Della Marra. Ma forse lì subiscono meno danni di quanti ne soffrono nella sede centrale quando si riunisce il Consiglio Comunale, consuetudine mai abbastanza deprecata nel corso di cinquant'anni, ma a proposito della quale nessuna Amministrazione ha mai provveduto.
   Da decenni si vive in attesa del trasferimento al Castello.

   Sono ormai ricordi di ieri. Dal 1992 la Biblioteca comunale "Loffredo" è ubicata nell'ala federiciana del Castello di Barletta (ala destra rispetto all'ingresso nel cortile).

da: Rita Ceci - Ruggiero Mascolo: Barletta, leggere la città.
Barletta, Edizioni Libreria Liverini, 1986