NARRATIVA |
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Adorazione (FINALISTA PREMIO STREGA 2021) - Alice Urciuolo
Mag C 9266
A Pontinia, piccolo centro di fondazione fascista nel mezzo della pianura pontina, il giovane Enrico ha ucciso la fidanzata Elena. Ma chi è davvero responsabile della morte di Elena? Solo Enrico o in una certa misura anche l'intera comunità, ancora marcata dall'impronta fascista e regolata nel profondo da valori patriarcali? E quanto quei valori continuano a segnare le vite dei ragazzi e delle ragazze? Vanessa, la migliore amica di Elena; Giorgio, che era innamorato di lei; Christian, il suo ex fidanzato; Laura, la sorella minore di Giorgio; Diana, la migliore amica di Laura; e i loro genitori: tutti devono fare i conti con il trauma. Per ognuno dei giovani la morte di Elena ha un significato diverso, e per ognuno va a sovrapporsi alla propria storia personale, a un'educazione sentimentale e sessuale fatta di estremi, in cui l'amore, la tenerezza e il desiderio si mescolano alla sopraffazione, all'umiliazione e alla violenza. Tutto accade nel corso di un'estate afosa tra Pontinia, Latina e le dune e il mare di Sabaudia. Roma, la grande città, sta sullo sfondo, vicinissima e lontana insieme. |
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Il pane perduto (FINALISTA PREMIO STREGA 2021) - Edith Bruck
Mag C 9284
Per non dimenticare e per non far dimenticare, Edith Bruck, a sessant'anni dal suo primo libro, sorvola sulle ali della memoria eterna i propri passi, scalza e felice con poco come durante l'infanzia, con zoccoli di legno per le quattro stagioni, sul suolo della Polonia di Auschwitz e nella Germania seminata di campi di concentramento. Miracolosamente sopravvissuta con il sostegno della sorella più grande Judit, ricomincia l'odissea. Il tentativo di vivere, ma dove, come, con chi? Dietro di sé vite bruciate, comprese quelle dei genitori, davanti a sé macerie reali ed emotive. Il mondo le appare estraneo, l'accoglienza e l'ascolto pari a zero, e decide di fuggire verso un altrove. Che fare con la propria salvezza? Bruck racconta la sensazione di estraneità rispetto ai suoi stessi familiari che non hanno fatto esperienza del lager, il tentativo di insediarsi in Israele e lì di inventarsi una vita tutta nuova, le fughe, le tournée in giro per l'Europa al seguito di un corpo di ballo composto di esuli, l'approdo in Italia e la direzione di un centro estetico frequentato dalla "Roma bene" degli anni Cinquanta, infine l'incontro fondamentale con il compagno di una vita, il poeta e regista Nelo Risi, un sodalizio artistico e sentimentale che durerà oltre sessant'anni. Fino a giungere all'oggi, a una serie di riflessioni preziosissime sui pericoli dell'attuale ondata xenofoba, e a una spiazzante lettera finale a Dio, in cui Bruck mostra senza reticenze i suoi dubbi, le sue speranze e il suo desiderio ancora intatto di tramandare alle generazioni future un capitolo di storia del Novecento da raccontare ancora e ancora. |
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Sembrava bellezza (FINALISTA PREMIO STREGA 2021) - Teresa Ciabatti
Mag C 9281
Ad accoglierci tra le pagine di questo romanzo è una donna, una scrittrice, che dopo essersi sentita ai margini per molti anni ha finalmente conosciuto il successo. Vive un tempo ruggente di riscatto, che cerca di tenersi stretto ma ogni giorno le sfugge un po' di più. Proprio come la figlia, che rifiuta di parlarle e si è trasferita lontano. Combattuta tra risentimento e sgomento per il tempo che si consuma la coglie Federica, la più cara amica del liceo, quando dopo trent'anni torna a cercarla. E riporta nel suo presente anche la sorella maggiore Livia – dea di bellezza sovrannaturale, modello irraggiungibile ai loro occhi di sedicenni sgraziate –, che in seguito a un incidente è rimasta prigioniera nella mente di un'eterna ragazza. Come accadeva da adolescenti, i pensieri tornano a specchiarsi, a respingersi e mescolarsi. La protagonista perlustra il passato alla ricerca di una verità, su sé stessa e su Livia, e intanto cerca di riafferrare il bandolo della propria esistenza ammaccata: il lavoro, gli amori. Livia era e resta un mistero insondabile: miracolo di bellezza preservata nell'inconsapevolezza? O fenomeno da baraccone? Avvolti nelle spire di un'affabulazione ammaliante, seguiamo la protagonista in un viaggio che è insieme privato e generazionale, interiore e concreto. E mentre lei aspira a fermare l'attimo per non perdere la gloria, la sorte di Livia è lì a ricordare cosa può succedere se la giovinezza si cristallizza in un presente immobile: una diciottenne nel corpo di una cinquantenne, una farfalla incastrata nell'ambra. |
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Intervista alla sposa - Silvio Danese
MAG C 9286
La storia di Stefania incomincia quando in realtà tutto finisce per sempre, una notte sconvolgente dopo vent'anni di matrimonio. Aggredita, intrappolata, reagisce alla brutalità e inverte con equivalente potenza una sorte certa. Viva. Ma poi? Mentre sconta la sua pena, Stefania accetta di raccontare emozioni e fatti, anche nei dettagli meno riferibili, a uno scrittore, forse disposto a riscattarne il destino, forse pronto a manipolare e sfruttare ancora una volta un "racconto". Ricostruendo il lungo ménage borghese con Dino, un legame idealizzato, protetto e insieme ritualmente violento, Stefania interroga in realtà l'intera vita di moglie e madre e, non riconciliata, a tratti rabbiosa, a tratti rassegnata, la offre a domande inesorabili sull'amore, il sacrificio, l'identità, l'abuso e l'omertà, mentre la relazione con il suo interlocutore evolve ambigua, squilibrata, toccando una questione cruciale: come si racconta una storia come questa? Dove ci porta se la percorriamo fino in fondo e con coraggio? Sempre più lucida, man mano che si rende conto di diventare protagonista di un libro, Stefania sembra impugnare la sua vicenda e imporre allo scrittore un confronto inevitabile con le radici e le forme del dominio, ma anche con l'oscurità e le contraddizioni della famiglia, "la sede perpetua della libera prigionia", fino a un colpo di scena in modo diverso liberatorio per entrambi. |
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Le ripetizioni (FINALISTA PREMIO STREGA 2021) - Giulio Mozzi
Mag C 9262
Mario è un uomo che inventa storie, modifica la realtà, non è interessato alla verità, né sulle cose né sulle persone. Mario sfugge, per indolenza, all'obbligo di capire che tutti ci lega e tutti ci frustra. Vuole sposare Viola ignorandone la doppia, forse tripla vita. Anni prima è stato lasciato da Bianca, subito prima che nascesse Agnese, che forse è sua figlia o forse no. Tuttavia, se Bianca, spuntando dal nulla dopo anni, chiede aiuto, Mario subito accorre, disponibile ad accollarsi la paternità. È succube di Santiago, un ragazzo dedito a pratiche sessuali estreme, e affida alle fotografie la coerenza e consistenza della propria vita. Se dei giorni della vita di Mario possiamo dire – quasi sempre è il 17 giugno –, degli spazi in cui Mario si muove non siamo certi. La ripetizione è l'unica realtà di Mario. Con una scrittura avvolgente, sensuale e che procede per variazioni capitolo dopo capitolo, pur conservando un incalzare ipnotico, Giulio Mozzi in questo suo romanzo guida il protagonista, e chi legge, attraverso avventure in parte reali e in parte – ma la cosa è sempre indecidibile – del tutto immaginarie, portandoli a sfiorare le vite strane e misteriose di personaggi senza nome – il Grande Artista Sconosciuto, il Terrorista Internazionale, il Martellatore di Monaci, il Capufficio – che Mario contempla come enigmi incomprensibili e rivelatori. Arrivando, nell'ultima pagina, alla più orribile delle conclusioni. |
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L'anno che a Roma fu due volte Natale (FINALISTA PREMIO STREGA 2021) - Roberto Venturini
Mag C 9288
Villaggio Tognazzi, Torvaianica, sul litorale romano. Alfreda, un'accumulatrice seriale con i primi segni di demenza senile, ha reso il suo villino un tugurio invivibile, dove vive per inerzia tra insetti e cianfrusaglie. Sopra di lei abita il figlio Marco, un giovane fattone, profondamente insicuro, la cui unica occupazione è accudire la madre. Lo spettro di un'azione da parte dell'Ufficio d'igiene rende necessario svuotare in fretta la casa, pena lo sfratto. Alcuni sgangherati amici, assidui frequentatori del bar Vanda, si attivano per sgomberarla, ma la proprietaria si oppone. Da qualche tempo Alfreda soffre di disturbi del sonno durante i quali le appare Sandra Mondaini, che ha conosciuto ai tempi d'oro del Villaggio Tognazzi, quando era il ritrovo estivo del jet set culturale italiano. Alfreda, nei suoi deliri notturni, immagina di parlare con l'attrice, sofferente per la "separazione" dal marito Raimondo Vianello, che riposa a Roma mentre lei è sepolta a Milano. Anche Alfreda non si è mai ricongiunta al marito, scomparso in mare durante una pesca notturna e mai più ritrovato. Alfreda decide di mettere fine a quella "ingiustizia" e pone al figlio una condizione per lo sgombero del villino: trafugare la salma di Raimondo dal Verano e portarla al cimitero di Lambrate, da Sandra. Dopo le prime resistenze, Marco getta le basi del piano, aiutato da Carlo, un vecchio pescatore, e da Er Donna, il travestito più ambito della Pontina. |
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Quello che chiamiamo amore - Loreta Minutilli
Mag C 9290
Ettore, il protagonista e voce narrante, è un uomo che racconta la sua vita attraverso la lente dell'amore per Elisa: prima sua vicina di casa, poi graziosa fidanzatina adolescente e infine moglie e madre dei suoi figli. Ma anche una donna molto diversa da lui, che proviene da un contesto degradato e non sempre riesce a capire l'amore totalizzante e a tratti morboso del marito. Ettore finisce per programmare ogni minimo dettaglio della vita di Elisa: dall'abito da indossare la sera dell'anniversario fino alla decisione di tenerla al riparo dalle fatiche del lavoro, votandola a una vita da casalinga che Elisa non ha nemmeno il tempo di chiedersi se è veramente ciò che desidera per sé. Un giorno, come un fulmine a ciel sereno, la donna decide di prendersi una pausa da lui, tornando a vivere dalla madre. Rimprovera Ettore di non averla mai né ascoltata né tanto meno capita e dopo qualche insistenza promette di spiegare cosa è stato per lei il loro matrimonio: un'esperienza soffocante che non può più proseguire su quegli stessi binari. Ettore sarà disposto a mettere in discussione gli schemi imposti dai ruoli tradizionali, i suoi comportamenti e le sue scelte, per ritrovare il rapporto con la moglie? Loreta Minutilli entra nella mente di un uomo e racconta la storia di un matrimonio allo specchio, di un marito e una moglie di fronte eppure distanti, di una coppia che si domanda se non sia troppo tardi per reimparare ad amarsi. |
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La peste - Albert Camus
Mag C 9109/2
Orano è colpita da un'epidemia inesorabile e tremenda. Isolata, affamata, incapace di fermare la pestilenza, la città diventa il palcoscenico e il vetrino da laboratorio per le passioni di un'umanità al limite tra disgregazione e solidarietà. La fede religiosa, l'edonismo di chi non crede alle astrazioni né è capace di «essere felice da solo», il semplice sentimento del proprio dovere sono i protagonisti della vicenda; l'indifferenza, il panico, lo spirito burocratico e l'egoismo gretto gli alleati del morbo. Scritto da Albert Camus secondo una dimensione corale e con una scrittura che sfiora e supera la confessione, «La peste» è un romanzo attuale e vivo, una metafora in cui il presente continua a riconoscersi. Oggi da leggere e rileggere in una nuova brillante traduzione. |
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Una giornata di Ivan Denisovic - La casa di Matrjona - Accadde alla stazione di Kocetovka. - Aleksandr Solzenicyn
Mag D 5943
Pubblicata nel 1962, "Una giornata di Ivan Denisovic" è stata la prima opera a raccontare la vita in un Gulag di un uomo semplice, e a farlo dal punto di vista della grande letteratura russa, nel solco di Tolstoj e Dostoevskij. La stessa classica sobrietà si ritrova nei due racconti successivi. Protagonista di "La casa di Matrëna" è una povera contadina, presso la quale va a vivere un ex deportato, che mitemente subisce ripetute ingiustizie. "Accadde alla stazione di Kocetovka" illustra invece la parabola morale di un «uomo sovietico», nel quale il germe della sospettosità staliniana s'è tanto radicato da portarlo a commettere una mostruosa ingiustizia. |
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Un paradiso abitato da diavoli - Benedetto Croce
D 2752/538
Come un Cicerone dalla sorprendente dottrina, affabile ma mai conciliante, Benedetto Croce fa scoprire al lettore il volto segreto della sua città: le vestigia della dominazione spagnola e le vite smodate dei soldati che vi furono di stanza; gli scomparsi "seggi" e l'epopea dei lazzari, fanaticamente devoti a san Gennaro e al re; il vocio assordante dei venditori; personaggi come il sacerdote archivista don Dima Ciappa, "religiosissimo uomo" che fece uccidere un giovane rivale in amore, e gemme come il palazzo Cellamare a Chiaia, dove si sedimentano secoli di storia, di vita artistica e letteraria. I saggi qui raccolti sono apparsi in origine tra la fine dell'Ottocento e gli anni Cinquanta. |
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Rosso Istanbul - Ferzan Ozpetek
Mag D 5941
Tutto comincia una sera, quando un regista turco che vive a Roma decide di prendere un aereo per Istanbul, dov'è nato e cresciuto. L'improvviso ritorno a casa accende a uno a uno i ricordi: della madre, donna bellissima e malinconica; del padre, misteriosamente scomparso e altrettanto misteriosamente ricomparso in anni dopo; della nonna, raffinata "principessa ottomana"; delle "zie", amiche della madre, assetate di vita e di passioni; della fedele domestica Diamante. Del primo aquilone, del primo film, dei primi baci rubati. Del profumo di tigli e delle estati languide, che non finiscono mai, sul Mar di Marmara. E, ovviamente, del primo amore, proibito, struggente e perduto. Ma Istanbul sa cogliere ancora una volta il protagonista di sorpresa. E lo trattiene, anche se lui vorrebbe ripartire. Perché se il passato, talvolta, ritorna, il presente ha spesso il dono di afferrarci: basta un incontro, una telefonata, un graffito su un muro. I passi del regista si incrociano con quelli di una donna. Sono partiti insieme da Roma, sullo stesso aereo, seduti vicini. Non si conoscono. Non ancora. Lei è in viaggio di lavoro e di piacere, in compagnia del marito e di una coppia di giovani colleghi. Ma a Istanbul accadrà qualcosa che cambierà per sempre la sua vita. Tra caffè e hamam, amori irrisolti e tradimenti svelati, nostalgia e voluttà, i destini del regista e della donna inesorabilmente si sfiorano e, alla fine, convergono. Questo libro è una dichiarazione d'amore a una città, Istanbul. |
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Stai zitta - Michela Murgia
Mag C 9293
Se si è donna, in Italia si muore anche di linguaggio. È una morte civile, ma non per questo fa meno male. È con le parole che ci fanno sparire dai luoghi pubblici, dalle professioni, dai dibattiti e dalle notizie, ma di parole ingiuste si muore anche nella vita quotidiana, dove il pregiudizio che passa per il linguaggio uccide la nostra possibilità di essere pienamente noi stesse. Per ogni dislivello di diritti che le donne subiscono a causa del maschilismo esiste un impianto verbale che lo sostiene e lo giustifica. Accade ogni volta che rifiutano di chiamarvi avvocata, sindaca o architetta perché altrimenti «dovremmo dire anche farmacisto». Succede quando fate un bel lavoro, ma vi chiedono prima se siete mamma. Quando siete le uniche di cui non si pronuncia mai il cognome, se non con un articolo determinativo davanti. Quando si mettono a spiegarvi qualcosa che sapete già perfettamente, quando vi dicono di calmarvi, di farvi una risata, di scopare di più, di smetterla di spaventare gli uomini con le vostre opinioni, di sorridere piuttosto, e soprattutto di star zitta. |
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Parla come Dante. Come e perché usare i versi del Sommo Poeta nella vita quotidiana - Dario Pisano
Mag C 9295
Come e perché a molti di noi è capitato spesso di esclamare, in qualità di invito a non perdere tempo con persone che non meritano la nostra attenzione, «Non ti curar di lor, ma guarda e passa!» (prima curiosità: la citazione è sbagliata! Dante scrive: «Non ragioniam di lor...»). E chi non conosce il verso «Amor ch'a o amato amar perdona», che tanta fortuna ha avuto nella musica italiana? Ma cosa significa? E quante volte abbiamo detto a un amico - pieno di guai fino al collo - «stai fresco»? Che cosa hanno in comune queste espressioni e le tante altre raccolte nel libro? La medesima paternità. Nascono tutte dalla penna di Dante Alighieri, il massimo genio linguistico della storia, il quale - con la sua Divina Commedia - ha incrementato vertiginosamente il patrimonio lessicale dell'italiano. Parla come Dante ospita una ricognizione dei più famosi ma anche dei meno noti versi di Dante entrati nella lingua quotidiana, per lo più usati da chi parla senza la consapevolezza della loro provenienza. L'ampia documentazione offerta in queste pagine è la prova del fatto che, se anche noi ignoriamo Dante, Dante non ignora noi, ed è sempre sulle nostre labbra, in ogni momento della «nostra vita»! Quante volte, parlando, citiamo Dante senza saperlo? E siamo certi di citarlo bene? Un libro che svela la presenza nascosta ma costante del sommo poeta nella nostra vita quotidiana. |
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Sei la mia vita - Ferzan Ozpetek
Mag D 5944
Un'auto lascia Roma di primo mattino. Alla guida, c'è un affermato regista. Sul sedile accanto, l'uomo che da molti anni ama di un amore sconfinato. Dove stanno andando? Mentre la città si allontana e la strada comincia a inerpicarsi dentro e fuori dai boschi, il regista decide di narrare al compagno silenzioso il suo mondo "prima di lui": "La mia vita è la tua e ora te la racconterò, perché domani sarà solo nostra". Inizia così un viaggio avanti e indietro nel tempo: i primi anni in Italia, dove era giunto dalla Turchia non ancora diciottenne con il sogno di studiare e fare cinema, le persone che hanno lasciato il segno, gli amici, gli amori, le speranze, le delusioni, i successi. Storie che conducono ad altre storie, popolate da figure indimenticabili e bizzarre: una trans egocentrica sul viale del tramonto, un principe cleptomane, un centralinista con il rimpianto della recitazione, una cassiera tradita dalle congiunzioni astrali, una bellissima ragazza dallo spirito inquieto. E poi, raffinati intellettuali, inguaribili romantiche, noti cinefili, amanti respinti e madri niente affatto banali. Sullo sfondo, il palazzo di via Ostiense dove tutto accade, crocevia di solitudini diverse, ma anche di intense amicizie e travolgenti passioni. Il palazzo che nel tempo si è trasformato, conservando però intatti i suoi più intimi segreti. |
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Un uomo inutile - Sait Faik Abasiyanik
C 1587/366
«Lui è nato per osservare il mondo con meraviglia» scrive Sait Faik Abasiyanik di uno dei suoi tanti doppi che compaiono in questi racconti. «Per stupirsi senza capire nulla. Camminare per le strade, vedere e non vedere che cosa fa la gente». E poi? «Indugiare su un ponte e guardare in basso il colore dell'acqua, ammirare le gambe di una ragazza» - e chiedersi: «quella ragazza, chi riuscirà a baciarla?». Un incorreggibile flâneur: questo è stato Sait Faik, uno dei massimi scrittori turchi del Novecento. Dopo studi irregolari, una manciata di anni trascorsi in Francia, fiacchi tentativi, sempre falliti, di rassegnarsi a un qualsivoglia mestiere, il perdigiorno bramoso di «amare la gente» non ha fatto altro che immergersi nell'esistenza brulicante e misera dei quartieri cosmopoliti di Istanbul, e osservare avidamente, con gli occhi sempre un po' lucidi per il troppo rak?, non solo gli esseri umani - lo attraggono, in particolare, certi «ragazzi di vita» che quasi mai trova il coraggio di abbordare - ma anche i cani, gli uccelli, i pesci, il cielo, il mare, i tram, le chiatte, i taxi... È qui che, tra osterie, bordelli, pasticcerie e alberghetti, vagabonda e beve per tutta la sua breve vita, fino a morire, a soli quarantotto anni, di cirrosi epatica. Eppure questo irriducibile sfaccendato riesce a perseguire con indomabile tenacia la propria vocazione letteraria, e a tracciare, un racconto dopo l'altro, una pennellata dopo l'altra, un affresco partecipe e struggente del mondo stambuliota della prima metà del Novecento - «venditori di giornali, di fiammiferi, di stecche per baveri e bustini, mercanti d'amore ... costruttori, pizzicagnoli, teatranti, scrittori, librai, acquaioli, tabaccai, professori, lustrascarpe, studenti...» - in una prosa asciutta e affilata, e insieme ebbra, franta, trafelata come dopo una lunga corsa, nella quale baluginano, qua e là, folgoranti accensioni liriche: «Desiderava tanto baciare delle labbra: morbide, umide, insipide o saporite, crepitanti come capelli elettrici... Voleva impazzire al calore di una mano». |
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Basta un caffè per essere felici - Toshikazu Kawaguchi
Mag C 9294
L'aroma dolce del caffè aleggia nell'aria fin dalle prime ore del mattino. Quando lo si avverte, è impossibile non varcare la soglia della caffetteria da cui proviene. Un luogo, in un piccolo paese del Giappone, dove si può vivere un'esperienza indimenticabile. Basta entrare, lasciarsi servire e appoggiare le labbra alla tazzina per vivere di nuovo l'esatto istante in cui ci si è trovati a prendere una decisione sbagliata. Per farlo, è importante che ogni avventore stia attento a bere il caffè finché è caldo: una volta che ci si mette comodi, non si può più tornare indietro. È così per Gōtaro, che non è mai riuscito ad aprirsi con la ragazza che ha cresciuto come una figlia. Yukio, che per inseguire i suoi sogni non è stato vicino alla madre quando ne aveva più bisogno. Katsuki, che per paura di far soffrire la fidanzata le ha taciuto una dolorosa verità. O Kiyoshi, che non ha detto addio alla moglie come avrebbe voluto. Tutti loro hanno un conto in sospeso, ma si rendono presto conto che per ritrovare la felicità non serve cancellare il passato, bensì imparare a perdonare e a perdonarsi. Questo è l'unico modo per guardare al futuro senza rimpianti e dare spazio a un nuovo inizio. Toshikazu Kawaguchi è diventato un fenomeno internazionale con il suo romanzo d'esordio, Finché il caffè è caldo, che ha venduto oltre un milione di copie in Giappone e in Italia è tuttora in classifica dopo mesi dall'uscita. Ora torna con la sua caffetteria speciale e ci consegna una storia emozionante sulla meraviglia che si nasconde negli imprevisti della vita e nei regali del destino. |
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A grandezza naturale - Erri De Luca
Mag C 9261
«In queste pagine unisco», chiarisce De Luca nell'introduzione, «storie estreme di genitori e figli». La narrazione si rinsalda nelle radici della storia tramandata: si inizia da Isacco, naturalmente, dalla mancanza di legittima difesa contro il padre – la legatura di Isacco, in ebraico così ci si riferisce a quello che noi di solito chiamiamo «il sacrificio», perché quel nodo stretto fra lui e Abramo è irreparabile. Nodo che sembra potersi sciogliere solamente diventando a propria volta genitori, «passaggio che fa scordare e slega dallo stato di figlio». Come succederà a Chagall, dopo aver dipinto il ritratto del padre – struggente il racconto dell'opera in queste pagine –, e come invece non potrà fare la figlia del vecchio nazista, nel tentativo estremo di mettersi al riparo dal torto del soldato scegliendo di non procreare. E come non succederà a chi racconta, rimasto figlio – nelle orecchie ancora il suono della camicia lacerata del padre come atto di dolore, rumore «amplificato a squarcio», reazione al suo allontanamento da casa. Tuttavia proprio per ciò egli è il narratore ideale di queste storie: «Ne sono estraneo a metà: senza essere padre, sono rimasto necessariamente figlio. Non ho sperimentato la responsabilità, la protezione, la prova di educare. Non cambio comportamento con un giovane o un anziano. Da figlio li considero alla pari, dei contemporanei. Da lettore e da scrittore lo divento delle storie che ho davanti». In A grandezza naturale Erri De Luca attraversa, «per esempi e dal basso», con il suo sguardo personale, con la sensibilità esperta e soprattutto con la prosa essenziale e stratificata, il rapporto cardinale alle origini dell'umanità e di ogni storia che si voglia raccontare. |
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L' acqua del lago non è mai dolce (FINALISTA PREMIO STREGA 2021) - Giulia Caminito
Mag C 9289
Odore di alghe e sabbia, di piume bagnate. È un antico cratere, ora pieno d'acqua: sulle rive del lago di Bracciano approda, in fuga dall'indifferenza di Roma, la famiglia di Antonia, madre coraggiosa con un marito disabile e quattro figli. Antonia è onestissima e feroce, crede nel bene comune eppure vuole insegnare alla sua figlia femmina a non aspettarsi nulla dagli altri. E Gaia impara: a non lamentarsi, a tuffarsi nel lago anche se le correnti tirano verso il fondo, a leggere libri e non guardare la tv, a nascondere il telefonino in una scatola da scarpe e l'infelicità dove nessuno può vederla. Ma poi, quando l'acqua del lago sembra più dolce e luminosa, dalle mani di questa ragazzina scaturisce una forza imprevedibile. Di fronte a un torto, Gaia reagisce con violenza, consuma la sua vendetta con la determinazione di una divinità muta. La sua voce ci accompagna lungo una giovinezza che sfiora il dramma e il sogno, pone domande graffianti. Le sue amiche, gli amori, il suo sguardo di sfida sono destinati a rimanere nel nostro cuore come il presepe misterioso sul fondo del lago. |
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Cara pace (FINALISTA PREMIO STREGA 2021) - Lisa Ginzburg
Mag C 9280/105
Maddalena, la maggiore, è timida, sobria, riservata. Nina, di poco minore, è bella e capricciosa, magnetica, difficile, prigioniera del proprio egocentrismo. Le due sorelle, legate dal filo di un'intima indistinzione, hanno costruito la loro infanzia e adolescenza intorno a un grande vuoto, un'assenza difficile da accettare. Ancora adesso, molti anni dopo, cercano di colmarla con corse, lunghe camminate, cascate di parole e messaggi WhatsApp che, da Parigi a New York, le riportano sempre a Roma, in una casa con terrazzo affacciata su Villa Pamphili, dove la loro strana vita, simbiotica e selvatica, ha preso forma. È proprio a Roma che Maddi, da sempre chiusa nel suo carapace, decide di tornare, fuggendo dai ruoli che la sorella, prima, e la famiglia poi, le hanno imposto. Finalmente sola con sé stessa e con i suoi ricordi, lascia cadere le difese e, rivivendo i luoghi del passato, inverte le parti e si apre alle sorprese che riserva la vita. Padri e madri, amicizie e passioni, alberi e fiumi fanno da cornice a una storia d'amore e di abbandono che, come ogni storia viva, offre solo domande senza risposta. E misura con il metro felice della letteratura la distanza che intercorre tra la ferita originaria e la pace sempre e solo sfiorata della maturità. |
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La mite - Fëdor Dostoevskij
Mag D 5942
Nel romanzo breve "La mite" (1876), considerato uno dei suoi capolavori, Fëdor Dostoevskij tratta in modo del tutto nuovo il tema del suicidio, facendo narrare una dolorosa vicenda familiare da un marito meschino e grossolano che tuttavia, a poco a poco, riesce a riconoscere le proprie colpe nei motivi che hanno spinto la giovane moglie a togliersi la vita. Nel racconto fantastico "Il sogno di un uomo ridicolo" (1877) lo scrittore cerca invece di rappresentare una società utopica, una nuova età dell'oro di bontà e fraternità, regalandoci un messaggio di speranza innocente e bellissimo. Nell'insieme i due racconti rappresentano una radicale esposizione degli aspetti essenziali della vita stessa: l'amore e l'orgoglio, il coraggio e l'umiltà, il bene e il male. |
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Splendi come vita (FINALISTA PREMIO STREGA 2021) - Maria Grazia Calandrone
Mag C 9285
Splendi come vita fa quello che fa la letteratura alla sua massima potenza: ridà vita a ciò che non c'è più, illuminando di riflesso la vita del lettore. Ma lasciamo che a parlarne sia l'autrice. «Splendi come vita è una lettera d'amore alla madre adottiva. È il racconto di una incolpevole caduta nel Disamore, dunque di una cacciata, di un paradiso perduto. Non è la storia di un disamore, ma la storia di una perdita. Chi scrive è una bambina adottata, che ama immensamente la propria madre. Poi c'è una ferita primaria e la madre non crede più all'amore della figlia. Frattura su frattura, equivoco su equivoco, si arriva a una distanza siderale fra le due, a un quotidiano dolore, a un quotidiano rifiuto, fino alla catarsi delle ultime pagine. Chi scrive rivede oggi la madre con gli occhi di una donna adulta, non più solo come la propria madre, ma come una donna a sua volta adulta, con la sua storia e i suoi propri dolori e gioie. Quando si smette di vedere la propria madre esclusivamente come la propria madre, la si può finalmente "vedere" come essere separato, autonomo e, per ciò, tanto più amabile». |
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Due vite - Emanuele Trevi
Mag C 9283
«L'unica cosa importante in questo tipo di ritratti scritti e cercare la distanza giusta, che è lo stile dell'unicità». Così scrive Emanuele Trevi in un brano di questo libro che, all'apparenza, si presenta come il racconto di due vite, quella di Rocco Carbone e Pia Pera, scrittori prematuramente scomparsi qualche tempo fa e legati, durante la loro breve esistenza, da profonda amicizia. Trevi ne delinea le differenti nature: incline a infliggere colpi quella di Rocco Carbone per le Furie che lo braccavano senza tregua; incline a riceverli quella di Pia Pera, per la sua anima prensile e sensibile, cosi propensa alle illusioni. Ne ridisegna i tratti: la fisionomia spigolosa, i lineamenti marcati del primo; l'aspetto da incantevole signorina inglese della seconda, così seducente da non suggerire alcun rimpianto per la bellezza che le mancava. Ne mostra anche le differenti condotte: l'ossessione della semplificazione di Rocco Carbone, impigliato nel groviglio di segni generato dalle sue Furie; la timida sfrontatezza di Pia Pera che, negli anni della malattia, si muta in coraggio e pulizia interiore. Tuttavia, la distanza giusta, lo stile dell'unicità di questo libro non stanno nell'impossibile tentativo di restituire esistenze che gli anni trasformano in muri scrostati dal tempo e dalle intemperie. Stanno attorno a uno di quegli eventi ineffabili attorno a cui ruota la letteratura: l'amicizia. Nutrendo ossessioni diverse e inconciliabili, Rocco Carbone e Pia Pera appaiono, in queste pagine, come uniti da un legame fino all'ultimo trasparente e felice, quel legame che accade quando «Eros, quell'ozioso infame, non ci mette lo zampino» . |
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La casa delle madri (FINALISTA PREMIO STREGA 2021) - Daniele Petruccioli
Mag D 5887/8
Ernesto e Elia sono gemelli e si inseguono in una specie di lontananza ravvicinata senza riuscire a toccarsi, come fossero rette parallele; Sarabanda e Speedy, i loro genitori, invece non la smettono di allontanarsi neanche quando credono di starsi vicino. E così Daniele Petruccioli ci conduce su e giù per le generazioni che si succedono in case dove le persone crescono, vivono, muoiono, traslocano e che sono forse le uniche vere custodi di una memoria che facciamo di tutto per rimuovere, ma permane ostinata. |
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Il libro delle case (FINALISTA PREMIO STREGA 2021) - Andrea Bajani
Mag C 9282
A quante parti di noi siamo disposti a rinunciare per continuare a essere noi stessi? E soprattutto: dove abbiamo lasciato ciò che non ci siamo portati dietro? Quali case lo custodiscono in segreto o lo tengono in ostaggio? Per raccontare la vita di un uomo, l'unica possibilità è setacciare le sue case, cercare gli indizi di quel piccolo inevitabile crimine che è dire "io" sapendo che dietro c'è sempre qualche menzogna. Il libro delle case è la storia di un uomo – "che per convenzione chiameremo Io" –, le amicizie, il matrimonio nel suo rifugio e nelle sue ferite, la scoperta del sesso e della poesia, il distacco da una famiglia esperta in autodistruzione. La storia di Io salta di casa in casa, su e giù nel tempo, ciascuna è la tessera di un puzzle che si compone tra l'ultimo quarto del millennio e il primo degli anni zero: è giovane amante di una donna sposata in una casa di provincia, infante che insegue una tartaruga in un appartamento di Roma mentre dalla tv si rovesciano le immagini di Aldo Moro sequestrato e del corpo di Pasolini rinvenuto all'Idroscalo; è marito in una casa borghese di Torino, bohémien in una mansarda di Parigi e adulto in carriera in un albergo londinese; ragazzo preso a pugni dal padre in una casa di vacanza, e studente universitario buttato sopra un materasso; poi semplicemente un uomo, che si tira dietro la porta di una casa vuota. Costruito come una partita di Cluedo o un poliziesco esistenziale, Il libro delle case è un viaggio attraverso i cambiamenti degli ultimi cinquant'anni, nelle sue geografie, nelle sue architetture reali così come in quelle interiori, i luoghi da cui veniamo e quelli in cui stiamo vivendo, le palazzine di periferia degli anni sessanta, lo sparo che cambia il corso della storia, e il bacio rubato dietro una tenda. In un romanzo unico per costruzione, poesia e visionarietà, Bajani traccia il grande affresco di un'educazione sentimentale a metri quadri. |
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La dama di picche e altri racconti - Aleksandr Sergeevic Puskin
C 2752/413
Nella traduzione di Landolfi i tre più celebri racconti di Puskin: Il fabbricante di bare, Il mastro di posta, La dama di picche. Landolfi riversa nella traduzione italiana la febbrile ricerca di novità e perfezione verbale del testo russo, insieme a quel dinamismo narrativo che pone il lettore in un nuovo sorprendente rapporto con l'idea di libertà. |
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La valigia - Sergej Dovlatov
D 3235/449a
«Leggendo e rileggendo Dovlatov viene in mente Cechov» hanno osservato i critici di questo scrittore ebreo russo prematuramente scomparso in esilio poco dopo la caduta del regime sovietico, ma originale e appartato rispetto allo stesso mondo della dissidenza. Tanto appartato e originale da aver fatto dire di sé che era sopra ogni cosa un «dissidente dalla vita». E si potrebbe aggiungere, più estemporaneamente, che leggendo e rileggendo Dovlatov, venendone a conoscere - attraverso i suoi libri a sfondo sempre fortemente autobiografico - l'atteggiamento di vita, amaro e dissipatorio, viene forse in mente anche il grande americano Carver. Dovlatov racconta sempre di piccoli episodi quotidiani, dai quali trae, mescolando il grottesco della vita con una bizzarra natura filosofica dei suoi personaggi (il più delle volte drop out che si arrangiano a vivere in Russia come in America), pessimistiche lezioni: le quali risultano al lettore contemporaneamente di irresistibile umorismo e assolutamente veritiere. Nella Valigia, Dovlatov raccoglie tutti gli oggetti che intendeva esule, portare via da Leningrado: a ogni oggetto corrisponde un episodio e un personaggio della sua vita vagabonda. «Pensai: ma davvero è tutto qui? E risposi: sì, è tutto qui». |
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Zuleika apre gli occhi - Guzel' Jachina
Mag C 9298
Nell'immensa e sperduta tajga siberiana, dal 1930 al 1946, la storia individuale di una donna si mescola alla Storia mondiale. Zulejcha è una contadina insignificante, analfabeta, protagonista inconsapevole di eventi incredibili e capace soltanto di guardare con i suoi enormi occhi verdi una realtà sempre più complessa, sempre più sfuggente. Un racconto che non lascia spazio a moralismi, condanne esplicite, dita puntate. L'occhio calmo dell'autrice mette a fuoco gli eventi, lasciando che parlino da soli: la difficile vita di una donna in un villaggio contadino ai confini dell'Unione Sovietica, maltratta dal marito, condannata a vivere senza diritti, incapace di ribellarsi alla sua condizione; la follia del regime staliniano che colpisce tutti, senza troppe distinzioni; l'arrivo brutale dell'Armata Rossa, le violenze, gli arresti e le uccisioni, in nome di leggi, decreti e politiche inconcepibili per persone comuni, per il popolo; la dekulakizzazione, l'esilio coatto, gli stenti e la fame nella gelida Siberia. Eppure, in mezzo a tanto orrore, si mostra una piccola luce, un'umanità diffusa, la resistenza dell'uomo e la sua volontà a restare umano, là dove sembra non ne sia rimasta più traccia. |
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Il quaderno dell'amore perduto - Valérie Perrin
Mag C 9301
La vita di Justine è un libro le cui pagine sono l’una uguale all’altra. Segnata dalla morte dei genitori, ha scelto di vivere a Milly – un paesino di cinquecento anime nel cuore della Francia – e di rifugiarsi in un lavoro sicuro come assistente in una casa di riposo. Ed è proprio lì, alle Ortensie, che Justine conosce Hélène. Arrivata al capitolo conclusivo di un’esistenza affrontata con passione e coraggio, Hélène racconta a Justine la storia del suo grande amore, un amore spezzato dalla furia della guerra e nutrito dalla forza della speranza. Per Justine, salvare quei ricordi – quell’amore – dalle nebbie del tempo diventa quasi una missione. Così compra un quaderno azzurro in cui riporta ogni parola di Hélène e, mentre le pagine si riempiono del passato, Justine inizia a guardare al presente con occhi diversi. Forse il tempo di ascoltare i racconti degli altri è finito, ed è ora di sperimentare l’amore sulla propria pelle. Ma troverà il coraggio d’impugnare la penna per scrivere il proprio destino? |
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Oltre la tempesta. Come torneremo a stare insieme - Paolo Crepet
Mag C 9297
Spaventati, disorientati, ora depressi o inclini all'ira, ora fiduciosi nella solidarietà collettiva, stiamo attraversando la pandemia come fossimo in mezzo a un mare tempestoso, cercando di resistere nella speranza di arrivare presto a un approdo. Ma come sarà quel porto? Migliore o peggiore di quello da cui siamo partiti? E come saremo noi, alla fine del viaggio? Sarebbe desolante se ad attenderci ci fosse la realtà di prima. Al tempo stesso, non possiamo pensare che il futuro si faccia da sé, per inerzia: il futuro è il tempo della fiducia, per questo va attivamente progettato e nutrito. Dobbiamo allora coltivare la fantasia, far leva sulla nostra forza immaginativa per riparare ciò che si è incrinato dentro di noi e intorno a noi, nelle relazioni, nella vita quotidiana, negli spazi di lavoro. E lo dobbiamo fare soprattutto per le giovani generazioni, cui va restituito il diritto di sognare e di guardare avanti senza timore. Come spiega Paolo Crepet in queste pagine ricche di passione, occorrono curiosità e audacia: uno sguardo curioso ci permette di notare i dettagli, di scoprire che in ogni storia, per quanto minuscola, è contenuta una metafora; un atteggiamento audace ci aiuta a sfidare le correnti del conformismo e i freni di chi ha interesse a mantenere invariato lo status quo. La costruzione del futuro, però, passa anche attraverso un maturo impegno collettivo, perché da soli si può avere un'idea, un'intuizione, ma al Nuovo si arriva solo quando le persone si incontrano, si incoraggiano, si confrontano e si criticano, arricchendosi a vicenda. Quando il virus sarà sconfitto lascerà una cicatrice interiore che ci accompagnerà per molto tempo. Per questo dobbiamo reagire, fin da adesso. «Scuotiamo le nostre anime» facendo emergere la forza propulsiva e trasgressiva che è dentro di noi, per riscoprire il senso più vero e profondo delle relazioni e dare forma a quello che sarà il mondo oltre la tempesta. Solo così potremo dire che questa terribile esperienza ci ha insegnato qualcosa: se ci aiuterà a ritrovare la nostra dimensione più autentica e a riscoprire la bellezza e lo stupore che la vita ha in serbo ogni giorno per noi. |
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Noi - Evgenij Zamjátin
Mag C 9299
È la fine del terzo millennio, l'umanità vive in uno spazio ipermeccanicizzato e socialmente ipercontrollato, chiuso dalla Muraglia Verde. Gli individui non hanno più un nome, sono alfanumeri. Come D-503, ingegnere al lavoro sul progetto dell'Integrale, la nave spaziale destinata a esportare su altri pianeti il perfetto ordinamento politico dello Stato Unico, dove ogni attività è disciplinata, standardizzata e, soprattutto, visibile a chiunque: tutti gli edifici sono di vetro. È proprio D-503 a raccontare la vicenda della ribelle I-330 e del suo piano per dare inizio a una nuova rivoluzione. Scritto tra il 1919 e il 1921, prontamente censurato (uscito in inglese nel 1924, nel 1952 in russo ma a New York, e solo nel 1988 in URSS), "Noi" è il capostipite di tutte le distopie del Novecento, antesignano di "1984" di Orwell e del "Mondo nuovo" di Huxley. |
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Tre - Valérie Perrin
Mag C 9300
«Mi chiamo Virginie. Di Nina, Adrien ed Étienne, oggi Adrien è l'unico che ancora mi rivolge la parola. Nina mi disprezza. Quanto a Étienne, sono io che non voglio più saperne di lui. Eppure fin dall'infanzia mi affascinano. Sono sempre stata legata soltanto a loro tre.» 1986. Adrien, Étienne e Nina si conoscono in quinta elementare. Molto rapidamente diventano inseparabili e uniti da una promessa: lasciare la provincia in cui vivono, trasferirsi a Parigi e non separarsi mai. 2017. Un'automobile viene ripescata dal fondo di un lago nel piccolo paese in cui sono cresciuti. Il caso viene seguito da Virginie, giornalista dal passato enigmatico. Poco a poco Virginie rivela gli straordinari legami che uniscono quei tre amici d'infanzia. Che ne è stato di loro? Che rapporto c'è tra la carcassa di macchina e la loro storia di amicizia? |
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L’inverno dei leoni - Stefania Auci
Mag C 8469/2
Hanno vinto, i Florio, i Leoni di Sicilia. Lontani sono i tempi della misera putìa al centro di Palermo, dei sacchi di spezie, di Paolo e di Ignazio, arrivati lì per sfuggire alla miseria, ricchi solo di determinazione. Adesso hanno palazzi e fabbriche, navi e tonnare, sete e gioielli. Adesso tutta la città li ammira, li onora e li teme. E il giovane Ignazio non teme nessuno. Il destino di Casa Florio è stato il suo destino fin dalla nascita, gli scorre nelle vene, lo spinge ad andare oltre la Sicilia, verso Roma e gli intrighi della politica, verso l'Europa e le sue corti, verso il dominio navale del Mediterraneo, verso l'acquisto dell'intero arcipelago delle Egadi. È un impero sfolgorante, quello di Ignazio, che però ha un cuore di ghiaccio. Perché per la gloria di Casa Florio lui ha dovuto rinunciare all'amore che avrebbe rovesciato il suo destino. E l'ombra di quell'amore non lo lascia mai, fino all'ultimo… Ha paura, invece, suo figlio Ignazziddu, che a poco più di vent'anni riceve in eredità tutto ciò suo padre ha costruito. Ha paura perché lui non vuole essere schiavo di un nome, sacrificare se stesso sull'altare della famiglia. Eppure ci prova, affrontando un mondo che cambia troppo rapidamente, agitato da forze nuove, violente e incontrollabili. Ci prova, ma capisce che non basta avere il sangue dei Florio per imporsi. Ci vuole qualcos'altro, qualcosa che avevano suo nonno e suo padre e che a lui manca. Ma dove, cosa, ha sbagliato? Vincono tutto e poi perdono tutto, i Florio. Eppure questa non è che una parte della loro incredibile storia. Perché questo padre e questo figlio, così diversi, così lontani, hanno accanto due donne anche loro molto diverse, eppure entrambe straordinarie: Giovanna, la moglie di Ignazio, dura e fragile come cristallo, piena di passione ma affamata d'amore, e Franca, la moglie di Ignazziddu, la donna più bella d'Europa, la cui esistenza dorata va in frantumi sotto i colpi di un destino crudele. Sono loro, sono queste due donne, a compiere la vera parabola – esaltante e terribile, gloriosa e tragica – di una famiglia che, per un lungo istante, ha illuminato il mondo. E a farci capire perché, dopo tanti anni, i Florio continuano a vivere, a far battere il cuore di un'isola e di una città. Unici e indimenticabili. |
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E così via - Iosif Brodskij
Mag C 1586/679
Apparso negli Stati Uniti nel 1996, questo libro raccoglie la sfida estrema di un grande poeta: testi stesi direttamente in inglese, altri autotradotti dal russo. Un trasloco del poetabile, la verifica di un intero arsenale verbale e musicale alla prova di un'altra grammatica, di un diverso «codice di coscienza». Libro conclusivo e postumo, E così via evoca col suo titolo uno stacco e insieme una promessa: interrompe, ma implica la possibilità di un seguito, suggerisce aperture imprecise, itinerari forse solo ipotetici. E proprio in quella sospensione, non lieta ma chiara, abitano i centauri e il vento, i passanti indifferenti e gli intonaci sbrecciati, protagonisti o comparse di una favola poetica. La città dell'anima, Pietroburgo, detta ancora la regola di versi architettonici, ma altri meno limpidi paesaggi incalzano, mentre lo schema delle cose, ormai orientato verso il vuoto, raggiunge una nuova, colloquiale morbidezza. |
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Profilo di Clio - Iosif Brodskij
Mag C 1586/441
È Clio, la "Musa del Tempo", a scandire con il suo metronomo il ritmo dei saggi qui raccolti. Lo sguardo di Brodskij si posa distaccato, ironico, sidereo tanto sulla fenomenologia di un occasionale presente quanto su medaglioni di un passato, prossimo o remoto, in cui l'oggi si rispecchia sotto una inedita luce. Ma siano i viaggi o la noia, la creatività o l'esilio, il tradimento o il senso della poesia, il piacere della lettura o l'essenza del male i temi affrontati resta, sotteso a tutto, il senso ineluttabile del tempo che polverizza ogni istante vissuto. |
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Poesie di Natale - Iosif Brodskij
Mag C 1586/466
Diciotto poesie, scritte nell'arco di trentatrè anni, fra il 1962 e il 1995. Negli anni Sessanta e Settanta le poesie o i poemetti natalizi sono variazioni via via fantastiche, rabbiosamente amare, malinconiche, scherzose, ispirate dalla festività, ma quasi svincolate dalla ricorrenza concreta. Negli anni Ottanta la svolta, che è insieme tematica e stilistica: proprio l'evento della Natività, un miracolo che puntuale si ripete e illumina il nostro destino, si fa specchio di una riflessione sul tempo, la solitudine e l'amore che ha la levità ironica di una sonata mozartiana. |
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In quel cortile di Mosca - Ljudmila Ulickaja
Mag D 5945
Le protagoniste dei racconti di Ljudmila Ulickaja possiedono una personalità forte e vivono delle vite uniche. Sono immerse nella realtà storica, nella concretezza di biografie una diversa dall'altra. Come Sonja, nell'omonimo romanzo breve che ha fatto conoscere Ulickaja in Italia; come Buchara, Ljalja, Bron'ka, Gulja, Genele, Zinaida, i bellissimi personaggi femminili di questo libro. Anche se oggi il loro mondo è scomparso o in via di sparizione - la vecchia Mosca con i suoi vicoli, i suoi cortili, gli appartamenti ricchi di storia e di storie -, le donne di Ljudmila Ulickaja restano impresse nel ricordo del lettore, come persone che hanno vissuto una vita che è valso la pena vivere. Esistenze difficili, segnate dagli stenti e dalle ferite provocate dalla Storia, eppure appassionate, condotte con stile, pervase da un fascino contagioso. |
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Il sogno di Jakov - Ljudmila Ulickaja
Mag C 9306
Nel bauletto di vimini lasciato da sua nonna Marusja prima di morire, Nora trova le lettere scambiate dalla donna con il suo giovane fidanzato e poi marito, Jakov. Leggendole e ricostruendo la sua storia, scopre una donna affascinante, femminista prima della rivoluzione, ballerina e comunista ardente, che non manca di esprimere con convinzione le sue idee e il suo desiderio di libertà. Ma i sogni e le ambizioni della giovane coppia crollano sotto il peso della storia sovietica. Quando Jakov viene spedito in Siberia con l’accusa di sabotaggio, anche suo figlio, il padre di Nora, gli volta le spalle. La storia del grande amore dei suoi nonni sconvolge la vita di Nora, una scenografa appassionata e indipendente che ama scegliersi amanti e progetti mentre cresce da sola suo figlio, e che ora scoprirà, a poco a poco, il potere del legame con la sua famiglia. Ispirata dalla corrispondenza dei suoi stessi nonni, Ludmila Ulitskaya racconta con tenerezza e ironia una saga famigliare che attraversa quattro generazioni e un secolo di cultura russa, attraverso la voce di una donna indimenticabile. |
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A un millimetro di cuore - Massimo Bisotti
Mag C 9306
Si può aver paura della solitudine e al tempo stesso aver paura di essere amati? Se lo sta chiedendo Meg, sola in una casa ormai vuota. Demian, lo scrittore e l'uomo con cui ha vissuto gli ultimi due anni se n'è andato senza darle nessuna spiegazione: solo i suoi scritti a parlare per lui. Da tempo la loro storia aveva iniziato a logorarsi, fra abitudine, noia e disillusione, eppure Meg non era preparata a un distacco. Per una vita era stata lei ad andarsene, incapace di cedere del tutto ai sentimenti e convinta che ognuno dovesse farcela da solo, e ora si trovava a fare i conti con l'abbandono. Meg aveva conosciuto Demian mentre lui era in coma, in seguito a un drammatico incidente. Al risveglio, lui era riuscito a liberarla da un sentimento che era diventato un chiodo fisso, quello per George Cabot, un uomo immaginario che aveva conosciuto solo in sogno. Si era fissata con l'idea di poterlo incontrare nella sua realtà, innamorata dell'amore perfetto e utopistico, ma si era poi disillusa. George Cabot altro non era che il personaggio di un libro di Demian. Con pazienza e cura, Demian l'aveva strappata a quell'illusione e le aveva regalato una storia vera, concreta, tacendole tuttavia molti dettagli del suo passato. Ora che è sparito Meg è frastornata e non sa cosa fare. È il momento di pensare a se stessa o di alimentare la speranza che Demian ritorni? E se per una serie di strane coincidenze si accorgesse della reale esistenza di George Cabot? Cosa cambierebbe nel suo instabile cuore? Con A un millimetro di cuore Massimo Bisotti ci fa un grande regalo. Tornano infatti i protagonisti de La luna blu – il romanzo che lo ha fatto conoscere e amare al pubblico – con una storia d'amore che sussurra al cuore di ognuno di noi. |
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